sabato 17 settembre 2011

Invidiosi? ....di Massimo Gramellini



pubblicata da Informare ControInformando News
domenica 18 settembre 2011 alle ore 0.18.

Putin ha dichiarato a un congresso di imprenditori che chi critica le notti brave del suo amico Silvio è un invidioso.
Il gerarca russo appone la sua firma d’autore all’ideologia che ha dettato legge negli ultimi decenni: il Pensiero Unico Turbomaterialista, il cui acronimo PUT richiama benevolmente il suono di una flatulenza.

Secondo tale visione maschilista e totalizzante del mondo, gli esseri umani desiderano soltanto fare orge, intascare mazzette e sculettare in tv, non necessariamente in quest’ordine.

È inconcepibile che qualcuno possa nutrire interessi culturali, romantici, spirituali.
Quindi chi fa la morale al PUT è come la vecchietta di De Andrè, che dava buoni consigli solo perché non poteva più dare cattivo esempio.
Ora, nessuno è privo di vizi.
Ma contesto l’idea che tutti desiderino quella roba lì.
Io, per dire, fra una cena con Steve Jobs e una con la consigliera regionale vestita da suora, preferirei conoscere il vecchio Steve, anche vestito normalmente.
Il fatto che i media (mea culpa) intervistino le squinzie invece delle ricercatrici, non significa che tutte le ricercatrici ambiscano a diventare squinzie.

Esistono ricercatrici felici di esserlo (purtroppo lavorano all’estero), come esistono anziani rappacificati con se stessi che la sera vanno a letto con un buon libro e magari con una persona che amano, ricambiati.
E certo non invidiano chi esibisce o ricerca corpi rifatti, volgarità e ignoranza. Vede, signor Putin, non siamo invidiosi.
Solo un po’ imbarazzati per quelli, come il suo amico, che non sono più capaci di ascoltare la voce provvidenziale della vergogna.

Massimo Gramellini - LASTAMPA.it


http://diksa53a.blogspot.com/2011/09/invidiosi-di-massimo-gramellini.html

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Il Buio e il Monito
Mentre Berlusconi guida il caravanserraglio Italia verso il baratro gridando: “Siamo un paese di merda”, mentre l’Europa ci mette con la Grecia nel mazzo dei quasi falliti, alti si levano moniti naturalmente autorevoli, naturalmente preoccupati, naturalmente inascoltati su etica, responsabilità e bene comune. “Chiarezza e certezza d’intenti”, chiede il presidente Napolitano che di fronte al disatro impone misure più efficaci. “Si agisca rapidamente”, invoca il governatore Draghi. “Chi si mette al servizio della polis la smetta di soddisfare bisogni e desideri personali”, predica alle nuvole il cardinal Bagnasco.

Come nel dialogo dissennato tra il Cappellaio matto e la Lepre marzolina sulla differenza che c’è tra un corvo e uno scrittoio, non esiste più nesso alcuno tra il delirio delle manovre inconcludenti e il linguaggio dell’avvertimento severo. E quando mai un premier rintronato da escort e ricatti darà ascolto alle formule magiche dei banchieri che reclamano, nientemeno, sforzi da “400 miliardi” (Profumo) e “patti per crescere, coesione e dinamismo” (Passera)? È un disgraziato paese delle meraviglie senza Alice, ma con 58 milioni di persone che davanti all’incombente disastro si chiedono che fine faranno. Che non di ammonimenti hanno bisogno, ma di una via d’uscita per sfuggire al Cappellaio ammattito e alle sue orde. Il Quirinale ci sta provando. Ma, come canta Daniele Silvestri: “Se bastasse qualche monito ad illuminare il buio che c’è qua…”.

Il Fatto Quotidiano, 6 settembre 2011

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